E' manifestamente inammissibile una interpretazione formale dell'art.
513 c.p.p (Testo previgente) che limiti la possibilita' di lettura in
dibattimento delle sole dichiarazioni assunte dal giudice, dal p.m. o
dalla polizia giudiziaria delegata. Considerato che il legislatore con
i commi 2 bis e 3 ter dell'art. 38 disp. att. c.p.p. ha inteso arricchire
il diritto alla difesa e, in qualche modo, controbilanciare i poteri d'indagine
della pubblica accusa, le dichiarazioni rese dall'indagato di reato connesso
al proprio difensore (e trasmesse al difensore dell'imputato), previamente
inserite nel fascicolo del p.m., sono utilizzabili in dibattimento a norma
dell'art. 513 comma 2 c.p.p. (testo previgente) qualora l'indagato di
reato connesso, chiamato nelle forme dell'art. 210 c.p.p., rifiuti l'esame.
A diversamente ritenere, oltre ad una lesione del diritto costituzionale
alla difesa, si determinerebbe un'incongrua disparita' di trattamento
rispetto all'utilizzabilita' ai sensi dell'art. 503 comma 4 c.p.p. delle
dichiarazioni raccolte ex art. 38 disp. att. c.p.p.
Tribunale Brescia, 8 gennaio 1997 Cass. pen. 1997,3618 |